Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi anni si è sviluppato un dibattito circa l'opportunità di regolamentare l'apertura di nuove case da gioco sul territorio nazionale.
      Il tema acquista rilevanza sia per l'incremento negli ultimi anni delle più svariate forme di gioco e scommesse legali, sia in considerazione della dimensione assunta dal fenomeno del gioco d'azzardo nel nostro Paese.
      Primi in classifica in Europa per volume d'affari nel gioco, secondo i risultati dell'ultima ricerca diffusa dall'Eurisko, sono oltre 30 milioni gli italiani che, almeno una volta l'anno, tentano la sorte con giochi e scommesse. In base ai dati pubblicati in «Affari Italiani», del 9 gennaio 2006, l'Italia, «regina d'azzardo», guida la classifica internazionale: il 9 per cento della cifra complessivamente spesa nel mondo per le giocate proviene dal nostro Paese.
      È innegabile la tendenza ad incentivare il pubblico all'accesso e alla pratica del gioco, dei concorsi a premio, delle lotterie, dei totip, totogol, bingo, superenalotto eccetera, soprattutto con le ultime manovre finanziarie; così come risulta evidente il recente venire meno dell'esigenza di perseguire penalmente il fenomeno per specifiche ipotesi. Rileva in tal senso la recente depenalizzazione con conseguente trasformazione in illecito amministrativo - mediante la legge 23 dicembre 2005, n. 266 - della fattispecie di cui all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, che puniva come reato l'uso o l'installazione di apparecchi o congegni

 

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automatici, semiautomatici o elettronici per il gioco d'azzardo (cosiddetto videopoker).
      Se la febbre del gioco e il gusto del proibito sembrano impossibili da interdire completamente, si può invece evitare che diventino una miscela esplosiva - laddove forme patologiche e di dipendenza sfocino in un pericoloso rapporto fra azzardo e usura - riconoscendo l'importanza di una regolamentazione del fenomeno, mediante una legalizzazione dei luoghi in cui può svolgersi l'attività ludica, con l'istituzione di nuove case da gioco distribuite sul territorio nazionale.
      In Italia, Paese in forte ritardo rispetto a molti altri in Europa, si registra da tempo una difficoltà a disciplinare complessivamente la materia; il nostro Paese ha da sempre mantenuto una posizione contraddittoria, contemplando, da un lato, un divieto generale per il gioco d'azzardo e, dall'altro, legittimando l'esercizio delle scommesse e del gioco anche d'azzardo attraverso un regime speciale in favore di quattro case gioco, ubicate tutte nel nord d'Italia, in ragione della previsione che i proventi costituiscono entrate patrimoniali dello Stato; la loro apertura è stata autorizzata in forza di apposite concessioni statali: nel 1928 il casinò di San Remo, nel 1933 il casinò di Campione d'Italia, nel 1936 il casinò di Venezia ed infine nel 1946 il casinò di Saint Vincent.
      Nel frattempo le case da gioco in Europa sono diventate più di 400, di cui ben 135 nella sola Francia. È abbastanza facile, per gli italiani che vogliano praticare il gioco, raggiungere Paesi confinanti come la Francia, l'Austria o la Slovenia; il che, inoltre, comporta una notevole fuoriuscita di capitali dall'Italia.
      Occorre, infine, rilevare il prosperare della completa illegalità del gioco d'azzardo, soprattutto nelle forme del casinò on line non soggetto ad alcuna restrizione, che sostiene un crescente e fiorente mercato clandestino, attraverso numerose bische gestite per lo più dalla criminalità organizzata, in grado di soddisfare e controllare una richiesta sempre più ampia ed esigente.
      Tutti elementi che richiamano il legislatore ad intervenire per una definizione normativa complessiva della materia e che evidenziano l'opportunità di avviarne una liberalizzazione regolamentata.
      In tale direzione, l'articolo 1 della presente proposta di legge intende istituire nuove case da gioco, una in ogni regione o provincia autonoma, nell'ambito di una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, in favore della quale operano i seguenti fattori:

          l'urgenza di convogliare i flussi di denaro, dirottandoli dalle bische clandestine verso canali leciti e funzionali alla vita delle comunità che li ricevono, contribuendo a trainare l'economia di quei comuni a «vocazione turistica», in termini di presenze e flussi sul territorio, nonché sul piano delle risorse finanziarie, rendendo possibile una fonte autonoma di finanziamento per le amministrazioni comunali e regionali, da finalizzare e vincolare ad attività di investimento e sviluppo;

          la necessità di superare la situazione di assoluto e ingiustificato privilegio in cui si trovano le quattro città sedi dei casinò autorizzati, mediante la previsione di una distribuzione paritaria ed omogenea a livello regionale delle case da gioco;

          l'esigenza di adeguare la legislazione italiana a quella della gran parte dei Paesi europei, anche accogliendo l'avvertenza della Corte costituzionale contenuta nella sentenza n. 152 del 6 maggio 1985 che, rilevando la «massima disorganicità» della normativa in materia, richiama la necessità «di una legislazione organica che razionalizzi l'intero settore delle case da gioco»;

          la possibilità di arrestare il flusso di giocatori italiani verso casinò europei con conseguente esborso di valuta verso case da gioco di altre nazioni.

      Il gioco d'azzardo non regolamentato prospera nella più completa illegalità, si rende quindi necessario adeguare la legislazione in un quadro generale di regole e garanzie per tutti, superando le disparità

 

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determinatesi storicamente nel Paese e rafforzare le opportunità turistiche che le case da gioco offrono. Le case da gioco possono rappresentare un elemento trainante di un progetto globale di rilancio del settore turistico, di incremento delle attività di sviluppo e di creazione di nuove opportunità lavorative, esigenze particolarmente sentite, nelle regioni del sud del nostro Paese.
      La disciplina proposta non può prescindere da una deroga alla legge penale, attesa la formulazione degli articoli 718 e seguenti del codice penale che vietano il gioco d'azzardo. Tale divieto può trovare esclusioni o limitazioni solo in forza di provvedimenti legislativi, in particolare di una legge statale, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (in particolare nella sentenza n. 185 del 24 giugno 2004 sul gioco d'azzardo), laddove, a prescindere dal riparto di attribuzioni legislative tra Stato e regioni, si ribadisce la competenza statale, rinvenibile in qualsiasi settore, in materia di ordinamento penale, ordine pubblico e sicurezza. L'orientamento giurisprudenziale della Corte, che riserva allo Stato tale competenza in via esclusiva, conferma quanto positivamente delineato dalla revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione, in particolare all'articolo 117.
      A tale esigenza risponde il comma 1 dell'articolo 2 della presente proposta di legge.
      Con le successive disposizioni si definiscono i princìpi in base ai quali è concessa, da parte del presidente della regione o della provincia autonoma, l'autorizzazione alla apertura di nuovi casinò (articolo 2, commi 2, 3 e 4); viene istituita la denominazione di «comuni a vocazione turistica», allo scopo di effettuare la scelta delle località sedi di nuove case da gioco (articolo 3); è disciplinata la loro titolarità e gestione, nonché la regolamentazione per il loro esercizio (articoli 4 e 5); viene definita la destinazione dei proventi derivanti dalla gestione (articolo 7); si provvede con riguardo al regime fiscale e alle norme a tutela della trasparenza delle operazioni di cassa, al fine di prevenire il riciclaggio dei valori di provenienza illecita (articolo 8); viene, infine, dettata una disciplina per la vigilanza, mediante l'istituzione, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, della Direzione centrale e del relativo Nucleo speciale di polizia per il controllo degli ippodromi e delle case da gioco (articolo 9).
 

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